Quando l'avversario diventa nostro complice

Sembra un paradosso eppure la fase di preparazione ha proprio lo scopo di indurre l'avversario a predisporsi ed a fare quello che vogliamo noi; in altre parole a renderlo un inconsapevole "complice" dei nostri fini.

Il combattimento si basa sostanzialmente sull'inganno ovvero: fare intendere all'avversario una falsa realtà per farlo reagire secondo le nostre esigenze. Un'azione potrebbe anche essere condotta con la forza, ma in questo caso è spesso palese e prevedibile quindi inefficace.

Un giorno ho sentito dire da un maestro che solo i campioni di alto livello riescono ad imporre la loro tecnica e quindi a decidere l'azione da portare a termine. Restai molto allibito da questa affermazione che lasciava intendere che per tutti gli altri schermidori la scherma non era altro che una "reazione" all'azione dell'avversario... Accidenti, ma qualcuno deve pur partire per primo! 

Non detti molta importanza a questa affermazione e restai solo stupito averla sentita da un maestro di scherma. Tutta la fase di preparazione ha lo scopo di portare l'avversario nella posizione e nell'esecuzione dell'azione che vogliamo noi, Il fraseggio schermistico, il lasciare intendere false intenzioni, le finte o la stessa postura deve lavorare in maniera unisona per questo scopo.

Ad esempio: decido di portare un attacco con presa di ferro in seconda e filo diretto alla coscia (sto parlando di spada). In questo caso il mio scandaglio avrà lo scopo di far abbassare la linea di guardia dell'avversario: tirerò dei colpi nella parte inferiore del braccio o della mano, cercherò di prendere il ferro in 3.a prima con battuta e botta sotto poi con movimenti un po' più ampi e lenti per indurlo a cavare in tempo. Se non riesco ad abbassare la linea di guardia potrò sempre guadagnare il ferro dell'avversario approcciando una 2.a alta per poi chiudere la misura anche con un semplice passo avanti.

Il bello della scherma è proprio in questo fraseggio che, a parer mio, costituire la parte "intelligente" di questa disciplina. La tecnica è solo uno dei componenti di un buon schermidore, ma non è sufficiente per diventare campioni. Ci sono altre qualità che ognuno di noi ha a prescindere dalla scherma e che il maestro deve essere capace di tirare fuori, valorizzare e pontenziare nei suoi allievi.

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